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mercoledì 30 aprile 2014

Il corso di aggiornamento che cambierà le vostre esistenze - 2


(---> continua)
Nei giorni seguenti le colleghe di St. Mary Mead ogni tanto mi domandano "Ma tu hai già scritto qualcosa per le Life Skills?". Poi smettono, perché la mia risposta è sempre  "Sì, qualche pagina" (segue numero, in progressivo  aumento) mentre loro non han scritto un accidente e si sentono un po' in colpa.

Mi fermo dopo otto pagine a spazio uno, carattere in corpo 12. Praticamente un romanzo, ma siccome non ho capito bene cosa devo metterci ho messo tutto quel che mi passa davanti agli occhi.
In effetti "Dinamiche di relazione" è un campo un po' vasto. Mi concentro sulla Seconda, che conosco meglio - siccome la conosco meglio ho più cose da dire.
Rileggendolo prima di stamparlo lo trovo un testo tanto scialbo quanto inutilmente lungo, oltre che pesantemente condizionato dal mio punto di vista - d'altra parte, visto che io stessa sono parte integrante delle dinamiche di classe e che le dinamiche degli alunni le vedo solo per quel poco che loro acconsentono a farmi vedere, non so come avrei potuto evitarlo. Noto anche che sono ossessionata da Wasp - come tutta la classe, del resto - e che ciò non va bene. Devo trovare una soluzione per quello, mi dico. Da qualche parte del mio inconscio la soluzione si presenta da sola, perché Wasp continua a imperversare come prima ma io ho smesso di farci molto caso e di conseguenza lui si è calmato (in compenso parecchi altri si sono messi a fare cose assai strane, e anche questo ha contribuito a distrarmi. Al momento considero Wasp come una piacevole oasi di relax e di quiete, là dentro).

Le mie colleghe portano cose molto più sintetiche - in particolare la prof. Palmina improvvisa una paginetta sotto i miei occhi, nell'ultima mezz'ora prima del terzo incontro. La ammiro molto, visto che il mio testo tanto fluviale quanto scialbo mi è costato ben più tempo e ha assai minor contenuto.

All'incontro le insegnanti di materne ed elementari discettano alla grande sulle dinamiche più o meno perverse nelle loro classi e su come lavorano per regolarle, mentre noi delle medie ci ammantiamo in un pudico silenzio, tristemente consapevoli di non riuscire a fare nulla di così efficace e raffinato - vuoi perché in un Consiglio di Classe siamo tanti e ognuno la pensa a modo suo, vuoi perché è impresa improba intervenire tra quelle spinose creature che ci vengono date in sorte come allievi.
Dopo tanto raccontare, torniamo infine alle Life Skills, di cui ci viene detto che lavorano su autostima, capacità relazione, problem solving - insomma sulla persona, più o meno. Si tratta, nel presente corso, di utilizzarle per migliorare le relazioni interne della classe perché se la classe sta bene allora lavora meglio - che mi ricorda un po' quella pubblicità dei preservativi "Far bene all'amore fa bene all'amore"; d'altra parte entrambe le cose sono vere.
Il corso consisteva dunque nell'elaborare brevi e incisive attività che lavorassero su autostima, socializzazione, empatia e tutto questo genere di cose e che migliorassero le relazioni interne di una classe o "ne alleviassero le aree di problematicità avviando dei comportamenti virtuosi".
No, naturalmente le attività non ce le avrebbe assegnate lei, altrimenti avrebbe rischiato di limitarci o influenzarci*, dovevamo inventarle noi. L'unico esempio che si degnò di fare fu quello del "saluto di inizio mattina", che ho scoperto essere assai comune alle elementari ma un tantino impraticabile alle medie, non fosse che per le lamentele che alzerebbe chi fa la prima ora e se ne vedrebbe scippare mezza in tal modo**. 
La tenutaria promise inoltre che ci avrebbe mandato via mail gran copia di modelli di schede per redigere il Diario di Bordo dei nostri esperimenti. Quest'ultimo fu per me l'unico aspetto consolante, perché mi ricordava tanto il capitano Kirk.
Diario del capitano, data astrale 1416 punto 7. Il signor Spock mi ha appena confermato che la situazione è estremamente critica...

Nelle settimane successive io, Palmina e Marzapane siamo assai prese a cercare una risposta all'assai inquietante domanda "E mo' che cazzo facciamo come breve e incisiva attività?". Ci ritroviamo un pomeriggio per discuterne, a casa di Marzapane, ma finisce tutto in un gran chiacchierare sulle nostre classi mangiando dolcetti.
Finché un giorno, dopo una lezione particolarmente irritante nella Terza Effervescente, mi venne l'ispirazione per un questionario a base di domande del tipo: 
"Ti è mai capitato nella settimana trascorsa di essere interrotto durante un interrogazione?" 
(risposte: mai, da 1 a 3 volte, fino a 5 volte, più di 5 volte); 
"Ti è mai capitato di interrompere un compagno durante un interrogazione?" (risposte: vedi sopra); 
"Hai mai avuto l'impressione che qualche compagno ti mancasse di rispetto?"; 
"Quanto ti senti a tuo agio da 1 a 10 mentre sei in classe?" 
eccetera.

Detto fatto, il Sabato seguente, appena entrata in classe, esordisco "Ho deciso di usarvi come cavie per il mio corso di aggiornamento" e distribuisco i questionari.
Non c'è l'ombra di una discussione: tempo una decina di minuti e mi riconsegnano i questionari compilati, e possiamo così dedicarci ai problemi sociali dell'India.
Bastano una ventina di minuti per schedare le risposte e i risultati non sono sorprendenti: gran parte degli alunni ammette apertamente di essere stato interrotto, di avere interrotto, di essere stato ripreso in tal senso dagli insegnanti molte volte e si ripromette di impegnarsi di più per tenere almeno vagamente pulita l'aula. Nel complesso assicurano di sentirsi a loro agio, ma c'è un gruppetto che soffre abbastanza la situazione e non è contento di stare in una classe così... diciamo così disinibita.
Questa modesta e del tutto artigianale iniziativa suscita il plauso incondizionato di colleghi e genitori, cui vengono letti i risultati durante il Consiglio di Classe.
Con alcune varianti e approfondimenti il questionario viene ripetuto per altre due settimane, dopo che ho comunicato i risultati della settimana precedente. Nel frattempo le interruzioni durante le interrogazioni diminuiscono sensibilmente*** e ogni tanto qualcuno prende la ramazza in mano per spazzare il povero pavimento. Da notare che la classe non si è affatto calmata, semplicemente il pavimento è meno ingombro e le interrogazioni meno snervanti, almeno nelle mie ore. Ed è possibile che tutto ciò non c'entri nulla con i tre piccoli questionari il cui unico e indiscutibile effetto positivo è stato aver alleggerito un po' tre dei loro sabati scolastici... e aver dato a me la ciambella al miele con cui  placare la tenutaria del corso.

Dopo aver spolverizzato con lo zucchero la ciambella**** vado alla quarta lezione dove, con mia grande sorpresa, il mio modesto dolcetto di fabbricazione casalinga viene assai ammirato e apprezzato.
Altre espongono attività ben più valide; in particolare una maestra ci racconta nel dettaglio un complesso lavoro a base di ricci (in cartapesta, mi pare): prima ogni bambino ha costruito e decorato il suo riccio, poi è stata fatta la casa per i ricci, dove dormono a turni, ci sono questioni di precedenza, ci sono state discussioni, la casa è stata ampliata e decorata... L'idea di far fare a ogni bambino il suo avatar per poi avviarci un gioco di ruolo mi sembra bellissima e rimpiango molto che alle medie non ci sia il tempo per fare un attività del genere (certe prime la gradirebbero molto); tuttavia in cuor mio nutro il sospetto che la maestra avrebbe avviato il gioco dei ricci anche senza il grandioso corso delle Life Skills, e stia semplicemente utilizzando a pro del corso il suo consueto lavoro - perché, in verità, alle elementari e pure alle materne sulle relazioni ci lavorano parecchio, e non da ieri mattina, e ogni tratto di quel riccesco lavoro denota pratica ed esperienza, e lo stesso vale per il complesso lavoro sulle emozioni tradotte in disegni, impostato dal gruppo delle materne. 

Alla quinta lezione mi presento con il resoconto di una serie di esperimenti fatti con la Seconda Ancora All'Apparenza di Ogni Grazia Adorna allo scopo di migliorare la loro tecnica di studio della storia, dove ho gran cura di sorvolare con bel garbo sui risultati*****. Palmina e Marzapane invece portano un lavoro dove ogni alunno ne osservava un altro paragonandolo a com'era l'anno precedente e mettendone in rilievo i cambiamenti positivi. Raccontano poi, tra grandi risate collettive, di come al termine di cotal lavoro, teso ad armonizzare meglio la classe, detta classe abbia pesantemente insultato un professore. A mia volta racconto poi quali e quante correnti malefiche imperversassero nella mia Seconda, mentre io mi preoccupavo di migliorare e rifinire il loro metodo di studio della storia. Dopo il nostro sofferto coming out****** anche le altre raccontano i vari travagli traversati dalle loro classi e ne viene fuori una bella seduta di autocoscienza insegnantesca dove le Life Skills di fatto c'entrano il giusto. 

E dunque questa sarebbe la fine del nostro grandioso Corso di Aggiornamento?
Nossignori: dobbiamo ancora presentare un piccolo testo in cui raccontiamo come qualmente la nostra vita professionale sia cambiata grazie all'incontro con le Life Skills.
"Ma allora è una persecuzione!" abbiamo pensato tutte in coro davanti a quel colpo di coda finale.
Tuttavia, almeno nel mio caso, un cambiamento c'è effettivamente stato: mi sono sentita legittimata su certe vaghe considerazioni che ogni tanto affioravano confusamente dal mio inconscio. Senza questo corso non credo che mi sarebbe venuto in mente di assegnare un paio di tutor ai più deboli in storia, chiudere tutti in una stanza grande e provare a fargli studiare tre pagine in mezz'ora con interrogazione immediatamente successiva (anche se, qualora l'idea mi fosse venuta, l'avrei messa in pratica senza esitare); né credo che mi sarebbe venuto in mente di testare gli alunni su come vivono la loro vita in classe (cosa che credo farò a scadenze regolari, d'ora in poi) e, qualora mi fosse venuto in mente, non credo che poi l'avrei fatto. In effetti quest'ultima pensata, al limite tra il banale e l'ovvio, è stata salutata dai colleghi come un uovo di Colombo, lodata e perfino copiata. Non ci vuole un genio per pensarla, ma l'idea non ci aveva mai sfiorati. 
Quindi diciamo che mi sono aperta a nuove prospettive, che è sempre una buona cosa per un insegnante.

In conclusione, e tenendo conto che il corso era gratis e non mi ha preso molto tempo, il bilancio per me risulta positivo.
Se poi il risultato complessivo vale i (parecchi, sembra) soldi che ci sono stati e saranno spesi per pubblicazioni, organizzazione e coinvolgimento delle ASL - sinceramente non lo so, né ho gli strumenti per calcolarlo.

*"And thanks to the prick!" direbbero ad Oxford.
**Grazie a questa simpatica usanza, ogni mattina la classe si dispone in cerchio in mezzo all'aula scambiandosi con bel garbo pensieri e sensazioni. Poi inizia la giornata lavorativa vera e propria. 
***ma NON quelle durante le mie spiegazioni. Assolutamente NO.
****ovvero dopo aver compilato con adeguato sussiego tre schede di diario di bordo relative alla mia nuova attività di sondaggista.
*****che non sono stati nulla di che: mezza classe continua a studiare in modo mnemonico; e siccome  studia molto meno di prima i voti si sono decisamente abbassati. Alle lunghe questo ha però innescato dei comportamenti virtuosi, in quanto molti si sono rimessi a studiare. Forse con nuova consapevolezza, chissà.
******perché anch'io son buona a usare qualche parola di inglese, all'occorrenza. Comunque, la corretta traduzione in italiano di "coming out" è "sputare il rospo".

martedì 29 aprile 2014

Il corso di aggiornamento che cambierà le vostre esistenze - 1

In viaggio verso lidi sconosciuti e incantati

"Murasaki, lo fai un corso d'aggiornamento con me?" mi chiede un nebbioso mattino di Ottobre la prof. Marzapane mentre estraiamo i registri dai cassetti prima della campana di inizio lezioni.
"Su cosa sarebbe il corso?" mi informo con aperta diffidenza.
"Sulle Life Skills".
"Eicchellesono, le Life Skills?"
"E' una roba per la gestione della classe. Si lavora sulle dinamiche tra alunni, cose così. Dice che questo è un corso fatto bene".
Le dinamiche interne della classe sono un mondo assai complesso e misterioso, e qualcosa da imparare c'è sempre. Specie per me.
"OK, mi segni tu?"
"Basta che firmi qui. Ti lascio il foglio nel cassetto?"
"D'accordo, quando ho l'ora buca firmo".
Ho un carattere passivo e sono di indole pigra. Le due cose si compensano, in un certo senso: in quanto pigra è difficile che mi imbarchi spontaneamente in qualcosa, in quanto passiva è difficile che rifiuti le offerte di una persona di cui mi fido. La Marzapane è persona di cui mi fido assai. Ed è così che mi sono iscritta a un corso sulle Life Skills senza la minima idea di cosa fossero le Life Skills. 
D'altra parte i corsi si fanno per imparare quel che non si sa, giusto?

Quel che mi sorprende è che a tutt'oggi, a corso ormai concluso, sulle Life Skills non ne so molto di più di quanto ne sapessi in quella nebbiosa mattina di Ottobre.
Ma andiamo per ordine.

Qualche settimana dopo, in una macchina organizzata dalla prof. Marzapane (che per strappare passaggi è assolutamente imbattibile) il gruppo delle partecipanti di St. Mary Mead si è diretto all'Inaugurazione del Corso, in una delle tante artistiche ville che adornano le colline intorno Firenze. L'inaugurazione dura tre ore buone, con tanto di tè a intervallare. E dico subito che il tè risulta ben fornito di ottimi dolcetti e di grandi ceste di prugne e susine di eccellente qualità. 
Dalle ampie finestre del salone della villa dove si tiene l'inaugurazione si intravede uno splendido panorama; ed è davvero un bene che il panorama sia gradevole all'occhio perché la presentazione del corso, per contro, è di una pallosità invero assai ragguardevole.
Svariate personalità ed autorità ci informano di quanto le Life Skills siano belle e utili e importanti e di quanto il corso che ora va ad incominciare sia bello e utile e importante. Perché questo corso, sapete, non è il solito corso: è un corso concreto, che parla di scuola, dei problemi della scuola e dà risposte concrete ai concreti problemi che affliggono gli insegnanti. Il tutto grazie alla Life Skills. 
Dopo un ora e mezzo di questi interventi, comunque, il mio principale problema in quanto insegnante è un sonno micidiale. Non so se le Life Skills potrebbero rimediare a ciò. Forse sì, se davvero sono concrete come ci assicurano. 

Giunge infine il primo intervento concreto che riferisce su un reale e autentico caso di applicazione delle Life Skills, qualsiasi cosa esse siano: e una signora di un Comprensivo di frontiera ci riferisce nel dettaglio di come le abbiano applicate con interessanti risultati: c'erano dei ragazzi più grandi che facevano qualcosa, a scadenza regolare, con ragazzi più piccoli (si chiama peer education, ovvero educazione tra pari). Di ciò veniva tenuto un diario sui tempi, le modalità eccetera. La scheda del diario di cotale attività ci viene illustrata nei minimi dettagli, con tutte le sue qualità tecniche. Non viene spiegato cosa esattamente facessero in quelle attività né quali effetti abbiano avuto. Nessuna di noi mette in dubbio la qualità del lavoro, ma nessuna riesce nemmeno a capirci qualcosa - almeno nel gruppo di St. Mary Mead.
Torniamo al paesello un po' perplesse, ma tanto la settimana prossima cominciano i lavori, quindi andremo più nel concreto.
Ci hanno dato due corpose pubblicazioni, con belle copertine plastificate che raffigurano uccellini sui rami su uno sfondo crepuscolare. Forse usignoli?
Comunque le copertine sono molto belle, e siccome una di queste pubblicazioni è composta da schede in un raccoglitore ad anelli, tutte meditiamo su cosa fare del raccoglitore ad anelli una volta tolte le schede.

Il giorno dopo, che per me è pure il giorno libero, addento le pubblicazioni, ormai incuriosita - chissà che non mi riesca capire cosa sono le Life Skills?

Non mi riesce. Nelle schede del raccoglitore se ne parla come della cura di tutti i malesseri scolastici, vien detto quanto sono importanti e belle e utili, già da tempo applicate in America, e di quanto servano per indurre i ragazzi a corretti stili di vita. E qui resto un po' perplessa perché questa storia che la gente vada "indotta" a corretti stili di vita mi sa parecchio di manipolazione: io sono un insegnante di Lettere, insegno italiano, storia e geografia (nonché educazione civica) e non mi va di indottrinare nessuno.
Mi accorgo presto comunque, di non correre nessun rischio in proposito al momento, perché nelle esperienze descritte non c'è mai niente di specifico. Per esempio si racconta di un campus formativo dallo spocchioso slogan "Dal benessere al miglior essere". 
Meditazione orientale? Psicanalisi? Terapia con i fiori di Bach? Uso di LSD per allargare le percezioni?
Forse: "Studenti e insegnanti delle scuole coinvolte hanno partecipato a un campus di ricerca-azione che ha utilizzato la metodologia sull'apprendimento esperienziale con la mediazione dei linguaggi artistici. Nel corso dei due giorni i partecipanti hanno approfondito la loro formazione relazionale, si sono confrontati su tematiche inerenti il benessere dei giovani e, su queste, hanno prodotto materiale di comunicazione".
E stando a questa vaghissima descrizione che non dice niente su niente, tale campus può essere stato un esperienza validissima, un immane cagata o uno dei tanti stadi intermedi tra questi due estremi. Ma, stante che di questo fantomatico campo noi non sappiamo nulla, che ce ne frega?
Si parla molto di peer education, di problem solving e di decision making e il tutto è più astratto di un quadro di Kandinskij.
Comunque il raccoglitore è bello.
Nel librotto invece si spiega di quanto è importante instillare negli alunni delle classi adeguate capacità di autocoscienza, gestione dello stress, capacità di costruire relazioni interpersonali, problem solving, decision making e qui mi fermo ma la lista è ancora lunga. Nessun cenno di come fare tutto ciò.
Dalle brume riemerge la teoria di mia madre che la bibliografia in un corso è sempre inutile da leggere (teoria che mi guardai bene dal mettere in pratica all'università, però, e mal me ne sarebbe incolto se l'avessi fatto).

La settimana dopo i lavori cominciano. La tenutaria del corso ci spiega che le Life Skills sono utili e importanti, e che ci ha mandato via mail un documento in proposito (lungo e prolisso, aggiungo dopo averlo letto, e che spiega qualmente di quanto siano importanti le Life Skills e di quanto siano utili). Poi ci distribuisce dei foglietti dove ci chiede di indicare il nostro grado di conoscenza delle Life Skills e le nostre aspettative verso questo corso. Scrivo con assoluta sincerità che non so assolutamente nulla delle Life Skills, che sono disponibile a saperne molto di più e che non ho aspettative particolari sul corso, nel senso che sono aperta a tutti gli sviluppi. Siccome sono buona e cara, e pure un tantino disillusa, non aggiungo che mi piacerebbe tanto capire che cazzo ci sono venuta a fare a questo corso. Voglio dire, siamo a quasi quattro ore ore di preliminari su dieci complessive, il corso quando arriva?

Il corso, scopro più avanti, non arriva. O meglio, lo dovremo fare noi.
E siccome è un corso sulle dinamiche di classe, come compito a casa ci viene dato l'incarico di parlare delle dinamiche di relazione che osserviamo riguardo alle nostre classi mediante un diario di bordo. La tenutaria però non ci dice come dovremo tenere cotal diario, perché "non vuole influenzarci".

Sono vieppiù perplessa, ma un po' più sollevata. Se c'è da scrivere un diario posso farcela. Datemi il punto di appoggio di un diario e vi solleverò il mondo.

domenica 27 aprile 2014

Se dal bosco esce la fiera / dille: Son Camicia Nera!

Quale madre non canterebbe volentieri questa bella ninna nanna alla sua prole?


E' sempre un momento piacevole quando infilo la pennetta nel computer e faccio scorrere la mia piccola raccolta di immagini sulla propaganda fascista: la classe si diverte, io pure, e con una quarantina di slide l'ora passa senza fatica per nessuno. I filmati dell'Istituto Luce lasciano sempre un po' d'inquietudine per il tono magniloquente, i discorsi di Hitler e Mussolini e le parate militari peggio che mai (per non parlare di Stalin, con quella sua aria rassicurante da buon padre di famiglia), le canzoni del ventennio hanno un retrogusto strano,  anche quelle più orecchiabili. Ma le immagini parlano senza rumore, e restano più impresse. Soprattutto quelle - favolose, ma purtroppo in rete ancora piuttosto rare - del Libro Unico di Testo per le Scuole Elementari, che proprio Unico non era in quanto c'erano le versioni per maschietti e femminucce e per cittadini e campagnoli. La Befana Fascista, le filastrocche per Balilla, i santini di Mussolini hanno un loro fascino tutto particolare, senza contare che i libri per le elementari hanno spesso già di loro un non lieve tocco di ridicolo.

I ragazzi guardano e commentano - e quando mai la Terza Effervescente si è tirata indietro, quando c'era da commentare? Improvvisano la musica per la ninna nanna, osservano con cura i dettagli dei disegni, immaginano le reazioni dei piccoli lettori, si interrogano sullo stato d'animo degli insegnanti, si domandano se davvero la Befana Fascista passava di casa in casa. Romolino e Romoletto riscuotono sempre un gran successo, e non parliamo dei negretti abissini in adorante ammirazione dei loro italici coetanei, tanto più belli e civilizzati di loro (non ci sono alunni neri in classe, altrimenti mi sarei sentita obbligata a toglierle per riguardo al loro fegato. Specie con i tempi che corrono).
Lascio che studino bene i dettagli - i dettagli sono sempre importanti, nei manifesti. Non faccio mai fretta per andare avanti. Parlo poco, limitandomi a dare qualche precisazione storica o a chiedergli perché qualcosa è disegnato in un dato modo. Hanno sempre una risposta (spesso ben più di una).

In apparenza è una lezione di storia, abbastanza neutrale. In realtà si tratta di Educazione e Cittadinanza sotto mentite spoglie. 
Quella che faccio vedere è propaganda, e la propaganda non è certo finita con la caduta del fascismo. Viviamo circondati di propaganda, in certi periodi di più, qualche volta di meno - ma qualcosa c'è sempre. E quasi sempre è ridicola. Non solo in Italia, certo - anche se l'Italia ha una decisa propensione per la propaganda ridicola, come se nei nostri cromosomi mancasse qualcosa che ci permetta di individuarla. Però è una medaglia che ha sempre il suo rovescio.
"Capirete a questo punto come mai la generazione cresciuta con questi libri sia andata sulle montagne a sparare ai fascisti, appena ne ha avuto la possibilità" concludo.

In modo all'apparenza un po' defilato anch'io faccio propaganda. A favore del senso critico.

Funziona? 
Non lo so e non posso saperlo. Ma sono figlia del mio tempo, e credo nei messaggi subliminali*.

*Cosa strana, quando alla SSIS il gruppo di lavoro di cui facevo parte propose una volta un lavoro di questo tipo, la pedagogista scosse la testa sostenendo che una terza media non aveva certo la maturità e lo spirito critico per analizzare certe cose. Non saprei dire sulla maturità, ma una terza media priva di spirito critico... mah, può darsi che esista, ma io non l'ho ancora incrociata (caso mai il problema è scansare i getti di acido solforico); e infatti, in una forma o nell'altra, qualche lavoro sulla propaganda fascista nelle terze viene sempre fatto, spesso anche con l'aiuto del libro di storia.

venerdì 25 aprile 2014

Le impossibili metafore delle similitudini

per esempio, definire un gatto "intrecciatore dei gomitoli" è una metafora

Molti insegnanti di Lettere delle medie istruiscono i loro allievi con grande attenzione sulle varie figure retoriche. 
Non io.
Chi si libera infine delle mie amorevoli cure professionali conosce di norma una e una sola figura retorica: la similitudine - cui di solito è stato iniziato sin dagli anni delle elementari. Chi sa di più, non lo sa per merito mio.
Non trovo niente di riprovevole nell'insegnare la similitudine sin dalla più tenera età. Qualora tuttavia qualche insegnante delle elementari, legittimamente preso da altre incombenze, non abbia provveduto, alle medie si rimedia in fretta grazie a Omero: Omero ama le similitudini, ne fa in quantità industriale e di solito sono bellissime. Normalmente ai ragazzi Omero piace, e gli piacciono anche le sue similitudini. Tutto qui.

Purgatorio, cornice dei Superbi. La lettura del breve brano è andata liscia e nessuno sembra aver trovato difficoltà a seguirlo. Per onor di bandiera assegno gli esercizi dell'antologia: due domande con risposta a crocette, due a risposta aperta breve e una piccola tabella dedicata alle due similitudini incontrate.
Nella lezione successiva però metà classe mi spiega che non ha riempito la tabella perché... era troppo difficile. 
Da qualche tempo la Seconda Attualmente d'Ogni Scheletro Ingombra si concede spesso questo tipo di sortite, e stavolta trovo che abbiano davvero esagerato. Il brano conteneva due similitudini: in una i penitenti erano paragonati ai mendicanti ciechi davanti alle chiese, che chiedono la carità appoggiandosi l'uno all'altro per fare più compassione, nell'altra, visto che hanno le palpebre cucite, ai poveri astori cui cucivano le palpebre durante l'addestramento per renderli più docili. La tabella non chiedeva grandi dettagli, solo di indicare i due elementi della similitudine. Davvero nulla di drammatico.

"Ma lo sapete cos'è una similitudine?" chiedo angelica.
"No".
Naturalmente l'anno scorso riconoscevano senza problemi le similitudini - l'ho testato giusto con Omero.
"E le metafore?" chiedo, sempre più angelica "Le sapete riconoscere, le metafore?"
"No".
"Ma sì" interviene il Noce "Ne abbiamo fatte tante, alle elementari, ti ricordi?"
"Sì, ne avevamo un quaderno pieno".
"Oh, davvero?" sorrido. Sarebbero lusingate, le maestre, nello scoprire quanto utilmente hanno utilizzato il loro tempo, all'epoca.
"Le metafore le avete trovate nel Beowulf. Vi ricordate che i personaggi erano definiti ogni volta in modo diverso?"
"Ah sì: il custode del tumulo, il signore degli anelli*..."
Frugano nel quaderno e ritrovano l'elenco fatto qualche mese fa dei vari modi con cui erano definiti il drago e Beowulf.
"Sono tutte metafore" gli spiego  "Nell'epica nordica le metafore andavano molto di moda. Per esempio, secondo voi cos'è il pascolo dei pesci?"
"Il mare!".
"Molto bene, ci ritorneremo" prometto col più dolce dei sorrisi.
Io sono buona e cara, ma c'è un limite a tutto: se uno stupido esercizio gli chiede di individuare i due elementi di una similitudine non possono stabilire ch'è troppo sbattimento sobbarcarsi cotanta impresa.

Passate le vacanze di Pasqua ci siamo ritrovati.
"Oggi ci occuperemo di similitudini, di metafore e financo di adynata"
"AdiCHE?"
"Adynata, altrimenti detti impossibilia. Di solito non si fanno alle medie, io li ho fatti all'università. Mi ci hanno fatto corso di tre mesi**, anche se lo trovai un tantino eccessivo. Ma non sono nulla di drammatico, davvero. Siete stati probabilmente l'unica classe delle medie del regno che si è letta la storia dove Galeotto fa da galeotto, e adesso sarete anche l'unica classe che fa gli adynata già alle medie".
Mi guardano perplessi.
"Carta e penna, che andiamo a cominciare".
Detto delle brevi (molto brevi) definizioni di similitudine, metafora e adynaton, poi qualche esempio, infine li divido in sei gruppi e gli ordino di scodellarmi in breve tempo cinque similitudini, cinque metafore e cinque adynata***.

Una quarantina di minuti dopo son lì che ascolto i risultati.
Cominciano a leggermi le similitudini.
"Il compito di grammatica incombeva come un orribile mostro".
Tutti approvano.
"La pioggia cadeva come i pantaloni di Ibn al-Arabi".
Risata generale.
"I miei pantaloni non cadono!" ribatte Ibn al-Arabi offesissimo "Li tengo su con la cintura".
Alza la felpa e ci mostra la cintura. Ma tutti continuano a ridere lo stesso.
Non ho mai fatto caso ai pantaloni di Ibn al-Arabi, ma mi viene il sospetto che se alle due angiolette di classe è venuta in mente proprio quella similitudine, un motivo probabilmente c'è.
"Dormiva al sole rilassato come un bradipo che riposa disteso sul ramo dopo aver cacciato per due ore".
"La paura lo invadeva come una lenta colata di lava".
"La sua bellezza splendeva come uno specchio illuminato dal sole".

Passiamo alle metafore
"Il padrone del gomitolo di lana verde: il gatto".
Approvo.
"La strada dei pesci: il fiume".
"Il signore della foresta: il leone".
Vabbe'.
"Il faro notturno di Parigi: la Tour Eiffel"
"Ci hanno copiato le frasi!" insorge l'Onesto Iago "WASP è venuto due volte da noi e ci ha copiato le frasi".
"Ma veramente..." ribatte Wasp piuttosto sorpreso.
Faccio cenno con la mano di continuare, poi vedremo. E' vero che Wasp è andato un po' girando per la classe, ma l'ha fatto dopo che il suo gruppo aveva finito l'esercizio, e dunque...
Arriva il turno del gruppo dell'Onesto Iago.
"Il re degli animali: il leone. E' la prima che ci hanno copiato".
Scuoto la testa "Non potete mettere il copywright su una metafora del genere, sono migliaia di anni che il leone è chiamato re della foresta e degli animali. Mi sembra un classico caso di poligenesi".
"Il simbolo di Parigi: la Tour Eiffel".
"E non potete nemmeno mettere il copywright sulla Tour Eiffel. Tra l'altro loro hanno fatto una metafora molto più originale" insisto.
L'Onesto Iago non è convinto. Ci sarebbe anche da considerare che Wasp non ha nessun motivo di copiare niente da nessuno in questo tipo di esercizi perché l'originalità non gli fa certo difetto (mentre, sotto questo aspetto, l'Onesto Iago è piuttosto carente) ma evito di dirlo perché, tra l'altro, l'Onesto Iago è parecchio permaloso nonché del tutto ignaro di esserlo.
"L'abile decoratrice di unghie: Iriza"
(Iriza sorride compiaciuta, ammirandosi le mani).

Contrariamente a quel che mi aspettavo, gli adynata non sono il pezzo forte dell'esercizio, e abbondano i proverbi: vuotare il mare col cucchiaino, pestare l'acqua nel mortaio e simili. Comunque c'è anche chi cammina sulle nuvole, fa bolle di sapone col burro, caccia rinoceronti con la reticella da farfalle, ara con i denti e cammina sull'acqua.
"Prof, ma camminare sull'acqua si può".
Ci penso su "Abbiamo un solo caso registrato, che io sappia, ma non sappiamo quanto siano attendibili le testimonianze. E poi si trattava di una persona abbastanza particolare. Lo considero valido come adynaton".

Così, in una sola lezione di grammatica, ho fatto ben tre figure retoriche e sbarcato un giorno-da-ponte, nonché completato il mio personale programma di questo particolare ramo dell'italiano.
Per il chiasmo, l'anafora e l'ossimoro lascio volentieri il passo ai miei colleghi delle superiori.
Se proprio ci tengono.

*ebbene sì, il romanzo di Tolkien prende il titolo proprio da uno dei molti modi in cui Beowulf è definito. L'ho scoperto quest'autunno, appunto leggendo Beowulf, poema da lui teneramente amato.
*giuro.
***senza farci su un corso di tre mesi, mi limiterà a dire che nell'adynaton, per spiegare di come una circostanza sia impossibile da avverarsi, vien fornito il paragone con qualcosa di ancor più dichiaratamente impossibile. Esempio classico "è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago piuttosto che un ricco entri nel regno dei cieli". Se non si desidera costringere i cammelli a sì doloroso esercizio si può spalare l'acqua con un forcone, tirare frecce con l'aratro, cacciare la lepre con l'aiuto del bue e via dicendo. Il mio adynaton preferito è in una poesia di Catullo "Quel che una donna giura all'amante / scrivilo nel vento o sull'acqua che scorre".

domenica 20 aprile 2014

Buona Pasqua (con agnelli, cioccolato, colombe, gatti, leoni, lepri, olivo, palme e anche uova, per tacere di Sailormoon)


Com'è abbastanza noto, per le loro feste gli antichi cristiani trovarono più pratico inserirsi nel calendario delle feste pagane, come già altri avevano fatto prima di loro. E così alcuni dei simboli più consueti della Pasqua - uova e coniglietti - hanno origini ben più antiche della data dell'eventuale crocifissione e resurrezione di Gesù detto il Cristo. La parola Pasqua, italiana, deriva dal passaggio (Pesah) con cui gli ebrei lasciarono l'Egitto. MA se andiamo a vedere la parola inglese Easter, scopriamo che alle origini del nome c'è niente di meno che questa signora:



ovvero la dea Ishtar (anche Iside o Astarte, volendo) dea dell'amore e della fertilità, che tra gli animali sacri aveva anche colombe, leoni e... gatti, naturalmente*:



Pare che ci fossero anche i conigli, o comunque nessuno ha difficoltà ad associare i conigli all'idea della fertilità. E neanche le uova, se per questo. Tuttavia il rapporto tra coniglietti pasquali e gatti pasquali può presentare alcune incognite:


Tralasciando questi inconvenienti, evitabili con un po' di prudenza, la simbologia legata a conigli e lepri è davvero vasta e comprende anche la bella leggenda orientale della lepre sulla Luna


da cui tra l'altro è derivata la storia di Sailormoon 


in cui i gatti certo non mancano**:


Non è qui il caso di perdere tempo con le uova - per capire il collegamento tra uovo e rinascita non è certo necessaria una laurea in religioni comparate. Quanto al cioccolato, non ha origini particolarmente antiche per chi vive nell'area mediterranea, ma è molto buono. Fare le uova di cioccolato è un arte difficile (e infatti costano assai care), e comunque col cioccolato si fanno anche i coniglietti. O le campane di cioccolato, se per questo. Del resto il cioccolato è antidepressivo, apportatore di grandi energie (necessarie in primavera, quando l'organismo è debilitato da un duro inverno) e finalmente oggi circola anche in versione equa e solidale. 
Va da sé che le uova di Pasqua si possono fare anche... con le uova di gallina (e colori atossici)



e sono ugualmente belle e ricche di ottimi principi nutritivi, oltre che buonissime.

Passando all'agnello, adottato dagli ebrei come piatto pasquale per eccellenza visto che in tempo di Pasqua i greggi di pecore ne forniscono in quantità, e più avanti promosso a simbolo di redenzione, non sembrerebbe affatto indispensabile mangiarlo:



e dovrebbe essere più che sufficiente una sentita preghiera di ringraziamento per aver tolto i peccati del mondo con non lieve incomodo da parte sua.***



L'Agnello di Dio, oltre a togliere i peccati del mondo, è anche sempre stato associato con la pace insieme all'olivo e alla colomba: con rami di palma e di olivo Gesù viene accolto quando entra a Gerusalemme, e la colomba che ritorna sull'arca dopo il diluvio porta nel becco un ramo di olivo, in segno di riconciliazione. La stessa immagine viene usata anche per la Pasqua, che è la festa dove il sacrificio di Gesù-Agnello permette la riconciliazione con Dio dopo il peccato originale. 



Inoltre, proprio come l'agnello, la colomba simboleggia una delle tre persone della Trinità (senza contare che fa pure le uova).
Più fortunate degli agnelli, oggi le colombe sono consumate principalmente sotto forma simbolica di dolce, con grande soddisfazione di colombi maschi e femmine e dei pasticceri artigianali e industriali. Il fatto che la colomba sia anche un animale sacro ad Astarte non cambia niente, anzi può fornire un utile rimando al celebre slogan "Fate l'amore, non fate la guerra", che unisce in sé entrambe le valenze della festa pasquale: festa della pace e della riconciliazione, e festa dell'amore e della fertilità.

*nel caso che qualcuno si domandasse come fa il gatto a essere un simbolo di amore e fertilità adatto all'Aprile, basta chiedere al vostro vicino di casa che lavora in un gattile o tiene una gatta ancora fertile per avere tutte le risposte del caso e vedersi anche offrire un micetto come omaggio - che, naturalmente, conviene prendere solo dopo che è stato svezzato.
**Vero, con la Pasqua Sailormoon non c'entra assolutamente nulla. Ma con la dea della luna sì, e parecchio. E su cosa si regola la data della Pasqua? Esatto, sul ciclo della luna.
***anche perché trattavasi di impresa, oggettivamente, non delle più lievi

martedì 15 aprile 2014

Il Vero Insegnante non teme il ridicolo - 3 - L'importanza delle dovute forme



Una mattina, entrando in una Terza assai seria e studiosa per l'Approfondimento, trovai una dolce sorpresa: gli allievi avevano deciso di festeggiare il compleanno della loro insegnante di Matematica (che aveva giusto allora terminato la sua ora) e allo scopo avevano portato un paio di squisite torte fatte da due abili nonne, qualche salatino e un po' di bevande gassate. Mi unii di buon grado ai festeggiamenti, mi strafogai con le enormi torte e mi congratulai con le nonne. Finito che ebbi di nutricarmi avviammo un po' di esercizi di analisi del periodo, quand'ecco che una delle più studiose e serie tra le fanciulle si alza e mi domanda "Prof, posso prendere la coca?".
"Assolutamente no!" proclamai fieramente "Non puoi pensare che ti autorizzi a fare una cosa del genere davanti a me!".
Scambio di sguardi perplessi. Non sono mai stata famosa come Implacabile Fustigatrice di Costumi, e fino a poco prima avevo bagordato allegramente con loro...
"Prova a chiedermelo in forma più appropriata, cara" suggerii.
"Per favore, prof, posso prendere la coca?"
"No".
"Prof, potrei prendere la coca?"
"Non se ne parla nemmeno".
"Prof, le dispiace se prendo la coca?"
"Certo che sì".
Andammo avanti per un bel po', mentre la Terza tentava tutti i condizionali e le formule di cortesia possibili e immaginabili. Finalmente qualcuna ebbe un lampo di ispirazione.
"Prof, posso prendere la cocacola?"
"Ma certo, cara, non importa nemmeno chiederlo".
E tra una cocacola e una fanta finimmo sia gli esercizi che l'ora di Approfondimento.
"Vedete" spiegai sul finire "Non c'è niente di male se un insegnante partecipa ad un innocente festicciola di classe a base di dolci e bibite analcoliche, ma non potete pensare che un docente nel pieno delle sue funzioni autorizzi, in sua presenza e durante l'orario scolastico, il consumo di droghe il cui uso è severamente vietato dalla legge".
"Certamente no" convennero i ragazzi contriti.

Perché il nostro è un lavoro delicato, e occorre sempre stare attenti a non dare il cattivo esempio né incoraggiare la licenza.

lunedì 7 aprile 2014

Manuale del Perfetto Insegnante - Ritualità e contrattempi delle Nuove Adozioni

No, non è il Salone del Libro di Francoforte, e nemmeno il deposito della Biblioteca Nazionale Centrale: è una normale Sala Professori di una normale scuola nella stagione delle adozioni

In Marzo, si sa, c'è la Stagione dei Rappresentanti dei Libri. Costoro sono individui che si piazzano in Sala Professori alle prime luci dell'alba con lo scopo preciso e dichiarato di placcare il docente. Se lo sventurato insegnante di turno arriva all'ultimo momento e prova a svicolare con un frettoloso "Mi scusi, devo andare subito in classe" non si lasciano intimorire e gli rifilano prontamente gran copia di libri di tutte le materie che costui insegna. Se poi costui o costei non ha sufficiente prontezza nel tagliare la corda, attaccano anche ad illustrarglieli, i libri (hanno sempre una nuova edizione di tutto, nonché un nuovo e meraviglioso libro per ogni materia) mettendone in evidenza gadget e supplementi: manuali per prove Invalsi, manuali con prove Invalsi, manuali per DSA, versioni semplificate per stranieri e BES e DSA, eserciziari facilitati e via dicendo. Non vanno via al suono della prima campana e nemmeno della seconda, ma restano impavidi per tutta la mattina aspettando l'arrivo di chi entra nelle ore successive e arpionando chi entra in Sala per riposarsi nelle ore buche (e che, grazie a loro, quel giorno si riposerà ben poco); d'altronde è il loro mestiere e non si può fargliene una colpa, se cercano di svolgerlo nel modo più esauriente possibile. 
Se qualche insegnante, più prudente della media, tenta di fermare la valanga dicendo timidamente "Basta che ci lasci una sola copia, poi ce la passiamo tra noi" viene ignorato bellamente: ogni insegnante ha diritto alla sua copia e ogni insegnante l'avrà. Il rappresentante sa il suo mestiere, e fa benissimo a regolarsi così, perché è regola notissima che "il libro di cui viene lasciata una sola copia per più insegnanti scompare ben prima che colui al quale è stata lasciata riesca almeno a sfogliarlo e va dunque nuovamente richiesto al rappresentante".

Ben presto la Sala Professori si popola di libri: immani pile di libri si generano dal nulla negli angoli più impensati, ogni superficie libera è coperta di pile di libri, ogni superficie occupata è sommersa da pile di libri. Molto spesso su queste pile, dall'equilibrio sempre più incerto e pericolante (nonché pericoloso, per chi cerca incautamente di appoggiare o prendere qualcosa) compaiono cartellini col nome del docente proprietario di sì pregiata merce.
In realtà, secondo la legge, nessuno dovrebbe essere proprietario di un bel niente: i rappresentanti lasciano le copie alla scuola "per la consultazione degli insegnanti"; la maggior parte degli insegnanti però è sinceramente convinta che le copie lasciate siano di loro proprietà e provvede immancabilmente a portarsele a casa (dove stazioneranno in ampi scaffali strapieni che ogni insegnante tiene a questo scopo, rimanendo di solito intatti e intonsi).
Quando le Procedure di Adozione sono ancora in corso però, pochissimi portano a casa qualcosa, e anche quei pochi provvedono a riportarli quasi subito a scuola, inserendoli con cura e sprezzo del pericolo nelle immani pile sempre più alte di loro spettanza.
Ci sono poi i pacchi: spesso i rappresentanti promettono l'invio di altri libri e mantengono sempre la promessa. I collaboratori scolastici provvedono ad appoggiare questi pacchi dove possono, cioè di solito su altri mucchi di libri, e tutto ciò non migliora la situazione logistica. Trovare un angolino per aggiornare i registri diventa a quel punto un impresa davvero ardua, e molto spesso gli insegnanti sono costretti a farlo in posizioni più che precarie o tenendo il registro sulle ginocchia.

La prima fase dell'Adozione dei Libri vede gli insegnanti guardare con aria tra lo schifato e lo scoraggiato queste immense pile di libri che sfidano la legge di gravità, rivolgendosi ai colleghi in quel momento presenti. Il dialogo standard che si svolge è il seguente:
"Oddio/santocielo/mammamia tutti questi libri... Tu hai già cominciato a guardarli?"
"No, non ho avuto ancora tempo. Vedrò di portarmene a casa qualcuno nel fine settimana" (risposta 1).
"No, volevo portarne a casa qualcuno per guardarli nel fine settimana ma poi non l'ho fatto" (risposta 2, da dare qualche giorno dopo).

Nel frattempo i libri, mossi forse da qualche misteriosa entità o più probabilmente da colleghi che cercano qualcosa che si trova o un tempo era sotto i libri, si spostano e si mescolano, ignorando bellamente i cartellini con indicazione di proprietà.
La seconda fase dell'adozione prevede dunque l'insegnante a caccia dei suoi libri:
"Hai visto per caso "I sette samurai alla scoperta del mondo?"*
"No, anzi è sparita anche la mia copia".
Gli insegnanti finiscono così per lasciare bigliettini imploranti "Se qualcuno trovasse "Lo scrigno dei sentimenti**" e "Regole in libertà***" è pregato di lasciarmelo sul tavolo". E qualche volta qualcuno che per puro caso si imbatte nello scrigno o nelle regole libertarie ci prova anche, a lasciarglielo sul tavolo, ma le condizioni del tavolo sono tali che il libro viene ben presto ingoiato nel marasma circostante e scompare nuovamente.

Col passare dei giorni le pile si fanno sempre più minacciose e corrucciate, finché qualche insegnante comincia infine ad esaminarle (terza fase). Di solito tale esame è interrotto da qualche collega che spiega
1) di essere molto stanca/o e stressata/o
2) che i libri sono tanti
3) che è necessario fare una riunione per materia e parlarne insieme
4) che i libri sono tanti e loro sono molto stanchi e stressati
5) che dovrebbero ritrovarsi insieme per parlarne.
Tutto ciò, com'è facilmente intuibile, non accelera di molto le procedure dell'esame dei libri e finisce anzi per innervosire l'esaminatore, che coglie dunque l'occasione per rimarcare come anche lei/lui sia stanca/a e stressata/o, con eventuale elenco dei motivi di stress e stanchezza extrascolastici (facoltativo).

Infine, dopo che i rappresentanti sono passati per controllare "che sia arrivato tutto" e sono stati rassicurati dagli insegnanti (che in realtà a questo punto sono ben lungi dall'avere le idee chiare su cosa sia arrivato e cosa no, e soprattutto cosa accidente ci sia o non ci sia in quell'immane brodo cartaceo primordiale che è diventata la Sala Insegnanti) inizia la quarta fase, ovvero quella dell'esame vero e proprio dei libri. Ogni insegnante applica con pazienza i filtri critici necessari, esamina con accurato carotaggio i suoi due-tre argomenti basilari (scartando implacabilmente i libri che non gli dedicano adeguata attenzione. Va da sé che ogni insegnante ha i suoi due-tre argomenti basilari e i suoi filtri critici, che sono a tutti gli effetti caratteristiche individuali), valuta la scelta del lessico, propone agli alunni fotocopie dei libri più papabili chiedendo loro giudizi e commenti, si consulta con i colleghi delle sue materie eccetera eccetera, svolge insomma tutte le procedure a suo giudizio indispensabili per una scelta oculata. A quel punto l'entropia in Sala Insegnanti raggiunge vertici degni dell'universo mezzo secondo dopo il Big Bang e la confusione dei libri è al di là di ogni paragone.
Infine, stanchi, stressati ma soddisfatti del dovere adempiuto e delle scelte fatte, i docenti compilano infine la lista delle nuove e vecchie adozioni, tirano un sospiro di sollievo e iniziano cautamente a districare le "loro" copie dei libri per portarseli infine a casa a intasare la libreria domestica.

Gradualmente la Sala Professori si svuota e porzioni sempre più visibili di tavoli e ripiani riemergono alla luce.

L'anno successivo i docenti lo passeranno cercando la risposta a due domande:
1) Cosa mi ero fumato quando ho scelto questo schifo di libro
e
2) Cosa si era fumato il collega TalDeiTali quando ha scelto questo schifo di libro (qualora si ritrovi in una classe dove il libro di testo non è stato scelto da lei/lui).
Tali domande sussistono anche nel caso (piuttosto frequente) in cui né loro né il collega TalDeiTali fumino o abbiano mai fumato alcuna sostanza, né legale né illegale.

*non è una licenza poetica o un abbellimento. Titoli come questo, e altri ancora più strani, circolano effettivamente. Nel caso specifico non si tratta di un romanzo storico ma di un manuale di geografia
**che non è un è un romanzo a contenuto sentimentale, ma un antologia di lettura
***che non è un manuale per la protesta non violenta, bensì un testo di grammatica