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mercoledì 10 aprile 2013

IntelligenzaPratica

Un affascinante e un tantino caustico post de LaProf tratta la questione dei BES (ovvero Bisogni Educativi Specifici) di recente entrati in scena al posto degli ormai logori DA (ovvero Disturbi dell'Apprendimento Non Meglio Identificati) tramite apposita circolare. In cotal fascinoso e caustico post, LaProf sostiene causticamente che al MIUR hanno stabilito che, dal momento che noi docenti non facciamo una benemerita minchia dalla mattina alla sera, sarebbe ora che ci occupassimo un po' di questi BES (che restano sempre Non Meglio Identificati, con la variante che dovremmo identificarli noi, dall'alto delle nostre competenze). 
Un attento ed occhiuto esame, svolto con la diligenza del buon padre (o madre) di famiglia rivela che sì, in effetti si tratta proprio di una di quelle Circolari Scaricabarile che da qualche anno in qua il MIUR ci rifila a scadenze non sempre regolari per indurci ad applicare la buona vecchia esortazione "Hai dei problemi? Risolvili!". Con la piccola aggiunta che, stando alla circolare in questione, noi insegnanti dovremmo sì risolvere i nostri problemi didattici, ma non si capisce bene come. "Riempiendo scartoffie" viene da pensare ad una prima lettura. Ma no, non è così definitivo: riempire scartoffie potrebbe forse tutelare il Consiglio di Classe e forse fornire un aiuto al BES di turno, ma anche no. E forse è giunto il momento di delegare ufficialmente la scrittura delle circolari del MIUR non tanto ai funzionari del ministero, quanto ai ben più qualificati Oracolo di Delfi o Sfinge, magari applicando la regola Turandot che recita "Gli enigmi sono tre, la morte è una".
Ulteriore corollario: la circolare in questione non cambia quasi nulla, a parte la grandiosa innovazione di trasformare i DA in BES; e per meglio illustrare questa mia convinzione vado adesso a narrare una storia dell'anno scorso.

Nella terza di Cristaccecami, com'è noto, non ci facevamo mancare nulla: su sedici gatti contavamo, oltre a Cristaccecami, ben due DSA all'acqua di rose, un altro certificato pure quello all'acqua di rose, un paio di situazioni familiari alquanto complesse e pure un DA.
Siccome il DA per me era roba nuova chiesi lumi, e mi spiegarono che si trattava di un Disturbo dell'Apprendimento Non Meglio Identificato. I DA, che grazie a una recente circolare del Ministero sono adesso inclusi nel più vasto universo dei BES sarebbero, per il poco che mi è stato dato capire, alunni che più di tanto non funzionano ma che, adeguatamente curati e innaffiati da appositi professionisti, imparano ad usare strategie particolari di apprendimento e a quel punto non se la cavano poi malaccio - purché i genitori abbiano i soldi per pagare la cura e l'innaffiaggio, si capisce, perché lo stato per questo non scuce un centesimo.
Tutti i colleghi come un sol docente mi spiegarono che costui, il DA, aveva "l'intelligenza pratica" - il che voleva dire che era in teoria capace di costruirti un granaio ben fatto ma non di studiare decentemente la guerra di secessione. Con gli anni aveva anche sviluppato una totale mancanza di autostima unita a un carattere che ben difficilmente avrebbe potuto essere simboleggiato da un barattolo di miele: specializzato da sempre nel litigare a morte con i compagni per i più ignobili motivi e nel praticare un bullismo nemmeno troppo soft sugli elementi più deboli della scuola, con gli insegnanti si mostrava piuttosto ruffiano e spesso cercava di risolvere tutto sciogliendosi in lacrime e sostenendo che i compagni ce l'avevano con lui. E di fatto era abbastanza vero che i compagni ce l'avevano con lui, ma non per questo lo trattavano ingiustamente; cercavano però di scansarlo.
Nei suoi quattro anni lì dentro IntelligenzaPratica aveva cambiato un gran numero di insegnanti (non tutti scelti tra il meglio che St. Mary Mead poteva offrire sul piano umano) che si erano regolarmente rimpallati il discorso sull'intelligenza pratica senza mai scavare più a fondo - del resto, se uno matematica non la capisce, non la capisce, giusto? Non c'è altro da fare che accettare la cosa e ricordare con scarso garbo all'alunno che c'è chi è in grado e chi non è in grado. Tanto per fare un esempio. 
Solo al terzo anno una delle molte insegnanti di Lettere che si erano avvicendate in quella classe aveva suggerito ai genitori una visita specifica, che aveva prodotto una diagnosi di Disturbo dell'Apprendimento piuttosto articolata; il ragazzo aveva un quoziente d'intelligenza bassino ma nella norma, il che non permetteva, pare, una diagnosi di dislessia - perché per essere dislessici, mi spiegarono, si deve essere parecchio intelligenti (più avanti qualcun altro mi spiegò che al giorno d'oggi anche se non sei una volpe delle più astute puoi aspirare al rango di dislessico, ma che la questione è ancora discussa); stava di fatto che IntelligenzaPratica era quello che leggeva peggio in classe, perché, mi spiegò la dottoressa che aveva stilato la diagnosi, se si concentrava sulla forma delle parole non riusciva a seguire anche il significato delle medesime, ma non era dislessico, mentre i due dislessici ufficiali avevano una bella lettura fluida  (e, uno dei due, anche molto espressiva). Di certificarlo, con quel quopziente di intelligenza, non c'era nemmen da parlarne. Insomma, era un Disturbo dell' Apprendimento: c'erano le convergenze parallele, c'era la sfiducia costruttiva e c'erano i disturbi generici dell'apprendimento. Il mondo, si sa, è bello perché è vario.
A noi del Consiglio, del resto, non interessava granché stabilire cosa esattamente fosse un disturbo generico dell'apprendimento; viceversa eravamo tutti assai interessati e disponibili a prendere atto di quel che dovevamo fare con IntelligenzaPratica per aiutarlo. 
Ahimé, la questione si rivelò assai fluida: potevamo fargli usare tutte le misure facilitative e aiuti e schemi di questo mondo durante l'anno, ma NON in sede di esame, potevamo stabilire degli obbiettivi minimi ma NON dargli prove facilitate all'esame, insomma durante l'anno ce lo potevamo giocare come ci pareva, poi se passava o no l'esame (che avrebbe fatto senza alcuna facilitazione) erano cazzi suoi.

Nel frattempo si era innestato un cosiddetto circolo virtuoso: l'insieme delle abili cure della dottoressa che lo seguiva, dei suoi consigli e dei nostri sforzi congiunti aveva prodotto alcuni timidi risultati che, aumentando l'autostima di IntelligenzaPratica, lo avevano portato a conseguire risultati sempre meno timidi e sempre più consistenti. Restava il fatto che, non avendo egli fatto una benemerita mazza per i tre anni precedenti, senza qualche aiuto l'esame non era in grado di passarlo, anche perché, se ormai affrontava con una certa confidenza le normali prove di verifica, stante il  carattere che si ritrovava, all'esame ben difficilmente avrebbe reso un pizzico più del solito per il benefico effetto dello stress, caso mai un bel po' meno del solito a causa  del terror panico che lo pervadeva in casi del genere.
D'altra parte era assurdo non passarlo proprio l'anno in cui aveva lavorato ed era pure grandemente migliorato (o meglio aveva fatto un suo percorso, secondo la classica formula del didattichese), senza contare che il ragazzo era stufo sin nelle barbe di starsene parcheggiato alle medie, con tutti quei bambini piccoli che lo guardavano dall'alto in basso perché lui era scemo (no, di tendenza non lo guardavano particolarmente dall'alto in basso, ma siccome ne avevano paura finivano per difendersi con quel che gli suggerivano i più grandi, ovvero ricordandogli che lui era lo scemo del villaggio) e insomma dalle medie doveva uscire, punto e basta.

Così, da bravi italiani, coniugammo il verbo "arrangiarsi". Beh, io dovetti arrangiarmi poco perché in italiano era sempre stato abbastanza sufficiente (se non si faceva troppo caso alla parte grammaticale, certo. Per quanto nel corso dell'anno avesse imparato a distinguere un predicato verbale da un paracarro, cosa che mi lusingò molto), salvo rispedirlo a pedate al posto quando cercò di consegnarmi un tema di una colonna e un quarto laddove era stato da tempo stabilito che nello scritto di italiano DOVEVA prendere almeno sette, e frustarlo col gatto a nove code finché le colonne non diventarono due e un settimo - e quasi tutta la colonna aggiuntiva venne dedicata ad illustrare la perfidia della prof. Murasaki rispetto alla bravissima prof. di Matematica. Del resto era verissimo che la sfigata supplente annuale di terza fascia di Matematica era brava al di là di ogni lode concepibile e comunque molto più brava di me, e infatti laddove io avevo semplicemente fatto del mio meglio, lei era riuscita nel miracolo di fargli piacere entrambe le sue materie, di gratificarlo e financo di insegnargli qualcosa.

A conti fatti comunque andò meno peggio del previsto, come succede spesso in questi casi: con qualche aiuto e un po' di psicoterapia da rianimazione, e soprattutto di griglie di correzione decisamente generose, oltre al sette nel tema arrivarono anche la sufficienza a matematica e spagnolo (quest'ultima, una piacevole sorpresa per tutti noi); le prove Invalsi si limitarono ad un arginabile cinque e l'orale andò piuttosto bene, anche se dopo averlo fatto il ragazzo sembrava passato nella centrifuga.
Fu così che IntelligenzaPratica andò ad esercitare altrove la sua intelligenza pratica (che nel frattempo si era rivelata anche un po' logica); e dove è adesso non consegue grossi risultati e ha anche litigato con un po' di gente ma nel complesso non sembra passarsela male.

Quanto a noi Consiglio di Classe, eravamo pur sempre riusciti nella mirabile impresa di tenere il cerino acceso che ci eravamo ritrovati in mano senza scottarci, che al giorno d'oggi sembra il massimo del trionfo cui può aspirare un insegnante.

7 commenti:

la povna ha detto...

Questo post, che è paradigmatico, come tu dici, di cosa ci si aspetta da noi a livello ministeriale, dimostra però una cosa molto vera: che se il CdC agisce unito, spesso, poi, non fa male. Basta che faccia (difficile, spesso, obbligare un insegnante a fare), basta che faccia di concerto (ancora più difficile). E su questa parte, l'impegno collegiale, a parte eccezioni virtuose come la vostra, purtroppo siamo molto, molto attaccabili come categoria...

cautelosa ha detto...

Sono d'accordissimo con quanto scritto da Povna.
Per sopravvivere alle (spesso) kafkiane decisioni ministeriali, l'insegnante deve trovare dentro di sé la risposta e la soluzione dei problemi. L'optimum sarebbe che tutto il CdC fosse unito e concorde nel trovare la soluzione idonea...

La prof ha detto...

Ho fatto un commento lunghissimo (sono d'accordo con Murasaki), ma il Mac me l'ha mangiato (sì, vabbè, non ricordavo la password di questo account e apri e chiudi, ho perso tutto.
Sarete contenti, vi risparmiate dieci minuti di morsi e recriminazioni ;-)

Anonimo ha detto...

La letteratura internazionale in argomento (ma anche la pratica clinica in ambito psicologico) o non ne fa cenno oppure nega la possibilità di incremento del quoziente di intelligenza particolarmente se viene riscontrato un deficit intellettivo (QI inferiore a 70), soprattutto ad adulti, dopo opportuno rilevamento misurato con test ufficialmente riconosciuti (WISC, sempre clinicamente attuale), standardizzati e somministrati esclusivamente da psicologi iscritti all'albo professionale, con referto scritto e certificato.
Tuttavia tentativi di incremento del QI(senza garanzia!)solitamente promossi da neuropsicologi qualificati sono possibili, selettivamente, e non è detto che strategie salutiste (sonno, alimentazione, relazioni sociali, ed altro) relative ad uno stile di vita orientato al benessere - come meglio e dettagliatamente documentato nel recente Il manuale pratico del benessere (Ipertesto editore)- possano rivelarsi per certe persone ed in certi casi specifici molto utili.
Sia comunque chiaro che una cosa è la stimolazione intellettuale un'altra un aumento documentato del quoziente di intelligenza di una persona.

lanoisette ha detto...

uhm... questo mi sa che fa il paio con la mia ex alunna Snervante (che però era tanto dolce e carina): quando arrivò la diagnosi di DSA nonostante un QI nei limiti inferiori della norma, mi recati dalle neuropsichiatre dell'ASL sventolando i loro test e il diagramma appena ricevuto in dono ad un corso dell'ADI (Associazione Italiana Dislessia).
e certificazione di handicap fu.

Murasaki ha detto...

@La Povna e Cautelosa
In realtà non abbiamo fatto nulla di particolare (a parte sorbirci qualche incontro supplementare con la dottoressa e la famiglia e seguire un po' di consigli. Diciamo che quando si innesca un meccanismo virtuoso basta non ostacolarlo troppo. Ma da IntelligenzaPratica erano tutti abituati a non ottenere quasi nulla, e qindi riuscire ad ottenere finalmente qualcosa ci ha assai bendisposti.

@La Prof:
se i morsi erano per me, sono contenta che il Mac abbia mangiato. Se le recriminazioni erano verso il Ministero, la ria sorte, le circostanze oggettive eccetera eccetera, siamo tutti d'accordo a prescindere, ma non per questo ci sarebbe dispiaciuto leggere ^__^

@ Anonimo
In realtà credo che si trattasse non tanto di aumentare il quoziente di intelligenza del ragazzo, quanto di vedergli usare in modo efficiente quello che aveva ricevuto da madre Natura: bassino, d'accordo, ma non fuori della norma - insomma, in apparenza più che adeguato per permettergli di sbarcare una dignitosa licenza media. Ci dovevano essere dei problemi da qualche parte. Certo, se invece di consolarsi con la storia dell'intelligenza pratica la visita fosse stata fatta, poniamo, in quarta elementare, al ragazzo sarebbero state risparmiate un mucchio di seccature e per trovare la sua autostima non sarebbe stato necessario per la dottoressa andare a scavare con la trivella spaziale. In quel senso, il vero aiuto lo ha dato la collega di Lettere dell'anno precedente.

@LaNoisette
Sembra una storia davvero interessante, e me la appunto. Sarebbe stato possibile anche con un QI basso ma nella norma?

lanoisette ha detto...

dipenda da cosa significa "basso nella norma".
se mi mandi il Q.I. esatto via mail, consulto i sacri testi e ti dico.