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mercoledì 7 novembre 2012

Haeretica - Quel caprone di Propp


Giusto per fare un po' di scaricabarile, la definizione non è mia: io in realtà non ho nulla contro lo strutturalismo applicato alle fiabe, né contro lo strutturalismo in generale; anzi l'ho sempre trovato molto interessante da quando l'ho incrociato per la prima volta, giusto alle medie, nell'antologia, e mi affascinano molto quei giochini in cui prendi due storie diversissime e scopri che hanno la stessa impalcatura. 
Di fatto le storie-base sono poche e semplici, e tutti gli autori di tutti i tempi hanno continuato a narrarle e rinarrarle, cambiando qualche dettaglio qua e là: si tratta sempre di vita, di morte, di rinascita, di nascite, di unioni, di separazioni,  di crescita e di passaggi, nelle fiabe come nella mitologia, nei romanzi e nei film; allo stesso modo  mangiamo sempre proteine, lipidi e glucidi, ma l'anatra all'arancia e la mousse di salmone hanno un loro perché, come lo hanno le storie sulla guerra di Troia e Anna Karenina, anche se tutti sappiamo già, prima ancora  di leggere la prima parola, che in guerra si muore e che l'amore può essere un sentimento anarchico e pericoloso.

Dunque Propp ha fatto un lavoro meritorio classificando personaggi e tappe di sviluppo delle fiabe, e non ce l'ho minimamente con lui.
Ce l'ho invece a morte con le antologie per le scuole medie (questa sì che è una novità!) e per come trattano fiabe e mitologia. E mi irrito assai, anche se faccio del mio meglio per non darlo a vedere, quando i miei colleghi danno per scontato che io prenda sul serio le antologie in questione e segua passo per passo il loro approccio a cotali espressioni letterarie, approccio che a me pare delirante in sommo grado.

In primis, ci si aspetta che faccia una gran questione della distinzione tra favole e fiabe, prendendola assai sul serio e aspettandomi che pure gli alunni la tengano in grandissima considerazione come se fosse una cosa importante.
Ma in italiano "fiaba" e "favola" sono sinonimi. Quegli irritanti raccontini di Esopo, Fedro e consimili sono chiamati di solito favole (di solito, ma non sempre), ma Cenerentola, la Bella Addormentata e Biancaneve sono definite sia favole che fiabe con assoluta intercambiabilità - anche perché entrambe le parole hanno la stessa radice e lo stesso significato, derivando entrambi da "fabula" che vuol dire "intreccio, racconto".
E infatti i ragazzi imparano coscienziosamente la differenza e se la dimenticano tre giorni dopo, come ho sempre fatto anch'io.
Del resto, non ho mai capito questa grande indispensabilità di infarcire la mente delle giovani leve con le favole propriamente dette: sono racconti squallidi con una morale meschina e irritante, popolati da grandissimi deficienti del tutto sprovvisti di altruismo e generosità. Non importa leggere le favole, le viviamo ogni giorno.

Le leggi morali all'interno delle fiabe mi piacciono molto di più: lì il protagonista viene ricompensato se nutre la cicala o scalda la serpe in seno, insomma se fa qualcosa di gentile a titolo gratuito, mentre chi si comporta come quella grandissima carogna della formica finisce giustamente male, o comunque non sposa né il principe né la principessa. Inoltre nelle fiabe vige una certa parità dei sessi, perché le eroine fanno all'incirca tutto quello che fanno gli eroi. Insomma, mi sembra un universo molto più decoroso da presentare ad un giovinetto in crescita, senza contare che si lavora sugli archetipi, e gli archetipi ai giovinetti in crescita piacciono molto (anche se non a tutti piacciono le fiabe). Da brava tolkieniana, sono convinta che le fiabe piacciano o non piacciano a seconda dei gusti, e che non sia una questione di età - a me per esempio piacciono e ne tengo diverse raccolte in libreria, e quando le leggo non penso alle funzioni di Propp, di solito - anche se rintracciare i motivi ricorrenti mi diverte molto.
Nelle antologie ci sono sei o sette fiabe (quando va bene), più un gruppo di varianti sul tema (fiabe alternative, fiabe africane che stando alla loro demenziale distinzione sarebbero in realtà favole, fiabe internazionali di solito scelte male) e una valanga di pagine di commento e di esercizi irritanti, oltre alle solite orripilanti illustrazioni - va detto comunque che commenti demenziali, esercizi insulsi e illustrazioni orripilanti ci sono in tutta l'antologia, non solo nella sezione dedicata alle fiabe. Arriva però regolarmente il momento in cui ci si aspetta che il giovane virgulto sappia costruire una fiaba e/o una favola, e tale esercizio gli viene serenamente assegnato, salvo poi lamentarsi che "hanno scritto delle fiabe proprio brutte, e non hanno nemmeno seguito le funzioni di Propp", come se scrivere una fiaba fosse alla portata di tutti. E perché no un'orazione contro Catilina o per Celio, già che ci siamo?

Si arriva poi alla mitologia e all'epica - temi affrontati a volte con grande cautela perché "i ragazzi non sono ancora in grado di capire il concetto di mito" - il che dà per scontato che esista un concetto ben definito e universalmente condiviso di mito da capire una volta per tutte, e beato chi lo conosce.
L'idea che miti e fiabe trattino gli stessi argomenti e spesso raccontino alla lettera le stesse storie non sembra molto diffusa. In compenso tutti sembrano convinti (autori delle antologie in primis) che i miti abbiano una spiegazione, e anzi siano altrettanti tentativi di spiegare i fenomeni naturali (ho sentito ripetermi questa strampalata teoria persino da gente che, avendo frequentato il liceo classico, avrebbe pur dovuto saperne qualcosina di più, e se poi qualuno mi sa spiegare il fenomeno naturale che viene spiegato con le storie di Amore e Psiche o di Orfeo ed Euridice, complimenti sinceri e si faccia avanti a dirlo). Mi rendo conto che per alcuni è importante pensare che ogni religione al di fuori di quella cristiana viva di storielline inventate per tenere buoni i bambini quando fuori piove, ma spacciare questo ripo di pregiudizi per Verità Universalmente Riconosciute mi sembra una vera stupidaggine.

Ad ogni modo, anche ammettendo per assurdo che il rapimento di Proserpina sia stato inventato per spiegare l'alternarsi di inverno ed estate* e che gli antichi, perplessi davanti allo schianto del fulmine, si fossero tranquillizzati dopo essersi spiegati a vicenda che il fulmine c'era perché un dio lo mandava dall'alto (che mi sembra la classica spiegazione che apre molti più interrogativi di quanti ne risolva) resta il fatto che le strutture e i temi dei miti sono proprio gli stessi delle fiabe, tanto che alcune fiabe derivano proprio dalla mitologia - o forse sarebbe più esatto dire che ad un certo punto della loro esistenza hanno preso la forma della fiaba, e in altri momenti quella di mito.

D'accordo, non è necessario fare impazzire i ragazzi con tutti gli intrecci, narrativi e non, legati alla mitologia, soprattutto quella esoterica. Si può anche restare in un sorridente ambito ovidiano, dove le storie vengono semplicemente narrate, con solo qualche spia ogni tanto a ricordarci che quegli déi frivoli e libertini erano anche terribilmente pericolosi, e chiuderla lì - ma per favore la storia dell'interpretazione naturalistica risparmiatecela.
E magari piantatela di espurgare i miti. D'accordo, con quelli greci è difficile, ma volendo ci si può arrangiare. O comunque scegliere. 
Insomma, è proprio necessario, tra tante e tante divine ed eroiche vicende, scegliere quella di Edipo per tirare fuori una storia completamente inventata dove non c'è ombra di violenza e il giovane Edipo si limita ad avere un po' di avventure, peraltro molto noiose, pescate dio solo sa da quale autore minorissimo e ubriaco? Capisco che una storia di parricidi e fratricidi possa disturbare, per tacere dell'incesto, ma allora ripiegate su qualche garbato quadretto alessandrino del genere Aci e Galatea, o su qualcosa che sia più facilmente addomesticabile, come la storia di Orfeo.
E se la mitologia greca vi dà tanta noia che non sopportate di averci a che fare, fate una sezione su qualcos'altro.

*anche se allo stesso modo si potrebbe sostenere che l'alternarsi di inverno ed estate era stata inventata per illustrare meglio la storia del rapimento di Proserpina

5 commenti:

la povna ha detto...

La strutture portanti di mito e fiaba sono simili, e per chi ne ha voglia, da Kerényi a Calvino (passando per Furio Jesi o de Santillana) sono in tanti a dirlo (pure per la gioia, se volessero, delle antologie!).
L'altro giorno noi abbiamo passato una produttiva ora con gli Anatri a parlare delle somiglianze tra la Bella Addormentata a il banchetto della Discordia che dà origine al ratto di Elena, per dire.
Sul resto, il mito serve a leggere il mondo, in tutti i suoi molteplici aspetti, e dunque nasce *anche* come sostituto della scienza. E però ogni tanto a me sembra che tutta una serie di strumenti (che io faccio usare, tra l'altro) nelle antologie siano stati messi (e malamente spiegati) da gente che non ha nessuna idea di dove voglia andare...

Murasaki ha detto...

Sì, 'povna, non hanno nesssuna intenzione di usarli. O meglio, nemmeno SANNO (nel caso delle antologie delle medie, che sono VERAMENTE tirate via col cascame del cascame di un lavoro di medio livello) che possono essere utilizzate, magari con un certo profitto. Il che è un peccato perché il materiale di base è davvero pregiatissimo, e dovendoci mettere la meni tanto varrebbe fare un buon lavoro.
Bello il parallelo tra banchetto delle fate e banchetto degli dei, non me n'ero mai accorta!

La prof ha detto...

Ho evitato per anni, gioiosamente, di inserire favole e fiabe nel programma di italiano. I virgulti sono sopravvissuti ugualmente.
Quest'anno, non so, ho un'antologia nuova e ho provato a chieder ese conoscevano le favole e le fiabe. Abbiamo fattop una tabella alla lavagna e loro hanno cominciato a lanciare parole. E' saltata fuori una lavagnata di parole per le fiabe, e tre parole per le favole. Onde per cui, finora siamo d'accordoche di solito le favole sono corte e le fiabe lunghe, e va' la che vai bene. Comunque, abbiamo letto alcune favole "classiche", diciamo così, e le abbiamo messe sulla linea del tempo, concludendo che le favole sono un best-seller da mò.
Però domani incomincio con le fiabe, e oggi mi arriva (perché ho perso l'originale, mannaggia!) "Versi perversi" di Rola Dahl. Mi divertirò :-D

La prof ha detto...

l'errata corrige la fa lei, signora Murasaki?

Murasaki ha detto...

Naa, non c'è niente da correggere: Rola Dahl è la sorella del più celebre Roal, con un nome vagamente normanno. E sono sicura che ha scritto dei versi perversi deliziosissimi ^__^