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lunedì 4 luglio 2011

La scuola ai tempi di Facebook

Sin dallo scorso anno la Classe dei Tordi mi domandava a scadenze regolari se ero su Facebook. Sapevano che avevo una mia vita informatica e non si capacitavano che la vivessi altrove.
"Perché dovrei andarci?" avevo provato a chiedere "Cos'ha di tanto speciale Facebook?".
"Ci si diverte" avevano provato a spiegare "Poi puoi chattare con gli amici".
"Ho un programma di chat e una linea telefonica passabilmente funzionante. Cosa me ne faccio di Facebook?".
"Manda i messaggi".
"Ho varie caselle di posta elettronica perfettamente funzionanti".
"Possiamo diventare suoi amici, così chattiamo con lei".
"Mi vedete dieci ore alla settimana più intervalli, non direi che ci mancano le occasioni per scambiare due parole. E potete scrivermi tutte le mail che volete, prometto di rispondere".
Loro scuotevano la testa con compatimento e passavamo ad altro.
Non è che avessi qualcosa contro Facebook, ma non mi sembrava una roba adatta a me.
Poi, per tutta una serie di circostanze* su Facebook sono entrata, anche se sotto pseudonimo per scansare i vecchi compagni di liceo con cui avevo interrotto i contatti da trent'anni e le infinite persone con cui non volevo avere a che fare. Così, all'ennesima domanda dei Tordi, un bel giorno ho ammesso che adesso su Facebook c'ero anch'io.
Mi hanno chiesto se ero disposta a diventare loro amica.
Avevo avuto tutto il tempo per ponderare la questione. Ci sono svariate scuole di pensiero, in merito: qualche insegnante sostiene che con gli allievi mai, altri che con gli allievi a volte, specie dopo che hanno smesso di essere allievi. Sary ritiene che con gli allievi sì, eccome; e dal momento che non usavo il mio account per gestire traffici illegali o gruppi terroristici e che per la parte più personale della mia vita privata continuavo ad arrangiarmi col telefono, ho seguito la sua scuola di pensiero e promesso che avrei accordato la mia amicizia senza problemi a chiunque di loro me l'avesse chiesta; tra l'altro ero convinta che me la chiedessero soprattutto per far numero, perché nelle nuove generazioni il numero di amici su Facebook è un indice di stato sociale.
Le prime ad arrivare sono state le ragazze, prima alla spicciolata e poi a gruppo. I ragazzi sono arrivati dopo, più lentamente e non tutti. Alla fine mi sono ritrovata due terzi della classe più l'Assenteista, unico della Seconda Domandiera (dove si sono sempre disinteressati della mia vita informatica), ma del resto lui era una specie di membro esterno della classe dei Tordi che solo per un susseguirsi di sfortunate circostanze non era più con loro.
Ancor più a sorpresa è arrivata anche una fanciulla che alla fine dell'anno scorso ci aveva lasciato per trasferirsi con la famiglia all'altro capo dell'Italia e che non aveva mai mostrato grande entusiasmo nei miei confronti, ma che mi ha fatto una gran bella sviolinata via chat (della serie "non abbiamo la minima idea di quel che passa per la testa di quei figllioli"). Mi ha chiesto l'amicizia anche qualcuno dei ragazzi che avevo avuto l'anno scorso per l'Approfondimento, e lì mi sono regolata a mio esclusivo capriccio.
Aggiungo che in quel di Maggio qualcuno ha avuto la brillante idea di aprire un gruppo dedicato alla classe, ammettendo anche me e Matematica e mettendoci così in contatto con tutti (esclusi i due che su Facebook non ci sono mai entrati).
Ho così scoperto (beh, l'avevo già intuito da circa 700.000 indizi grossi come case seminati in temi e diari) che buona parte di quella classe su Facebook ci viveva, letteralmente. Come me ne sono accorta? Beh, perché ad un certo punto è scattata in me una folle dipendenza da un demenziale giochino di caccia al tesoro per fare il quale andavo su Facebook tre, quattro e pure cinque volte al giorno. Dalla fine di Maggio poi ho lasciato aperta la finestra su Facebook ogni volta che stavo al computer per i fatti miei (e, sinceramente, caccia al tesoro a parte, ci sto abbastanza).
La cosa è stata molto interessante, e anche molto utile. Prima di tutto, scorrendo le varie bacheche, sono venuta a conoscenza di tutta una serie di vicende che ignoravo o avevo solo intuito a grandi linee - e in cui naturalmente ho evitato con ogni cura di intervenire.
Poi, soprattutto negli ultimi mesi, mi sono ritrovata a gestire una sorta di help desk sulle più varie questioni scolastiche. Visto che in classe non avevamo mai molto tempo per parlare - erano ventisette - abbiamo avuto diversi chiarimenti sulle tesine, i percorsi d'esame e simili. C'è stata anche una modesta terapia di sostegno - ogni tanto qualcuno, soprattutto tra le ragazze, andava in crisi mistica e allora una piccola chat era l'ideale per racconfortare la creatura di turno con buone parole e lievi frustatine.
Naturalmente (era pur sempre la classe dei Tordi) c'era anche qualche anima candida che chiedeva "Ma domani mi interroga?" a cui seguiva una garbata risposta del tipo "Caro/a, quel che stai facendo non è molto corretto, lo sai?".
Ho fustigato, cardato e racconsolato più volte l'Assenteista che, ho scoperto, in chat era molto, molto più disponibile e sottomesso di quanto non fosse in territorio scolastico, soprattutto quando nelle ultime settimane temeva di essere nuovamente segato (il che non è avvenuto, vivaddio). Ho elargito consigli su come trovare carte geografiche in rete (basta dare la stringa di ricerca in inglese), ho rassicurato sulla possibilità di portare percorsi informatici (si sa con quali risultati), ho dato consigli di redazione e impaginazione e perfino scodellato all'impronta le cause e concause delle rivoluzioni industriali, mentre in contemporanea un'amica mi aggiornava sulle sue aggrovigliate vicende sentimentali. Nell'area del gruppo ho elargito consigli, auguri, complimenti per l'esame e gran copia di messaggini di buon auspicio (soprattutto a base di lupi). E tutto questo è stato molto bello e ha senz'altro aiutato a saldare il gruppo & la coscienza di classe di tutti noi e la sintonia tra me e Matematica.
Non sono state solo rose e fiori, naturalmente: proprio su Facebook mi sono arrivati, ai primi di Luglio, i messaggi stizziti di Lunastorta che chiedeva "senza polemiche" come mai gli avevamo dato solo sei, rovinandogli così l'ingresso al liceo (artistico), mentre lui agli scritti aveva preso cinque solo a francese e matematica - e non ho potuto nemmeno rispondergli come meritava, perché nel frattempo il ragazzo si era rotto una gamba ed era in trazione sui un letto di dolore.
Ma tanto anche se non ero su Facebook mi avrebbe scritto una mail.
Ho avuto anche occasione di riflettere su alcuni particolari.
Primo, quelli che studiavano meno non erano necessariamente quelli che passavano più tempo su Facebook, bensì quelli che ci stavano ancora dopo mezzanotte. Per la cronaca, l'orario in cui il computer si trasformava in zucca andava intorno alle undici di sera. Lì sparivano tutti... cioè quasi tutti. E quando vedevo il segnale che l'Assenteista era on line, sapevo che la mattina dopo non lo avrei trovato in classe.
Non mi sembrava corretto intromettermi e quindi mi sono risparmiata le prediche; ma è chiaro che se entri a scuola alle otto devi svegliarti almeno intorno alle sette, o anche prima, se hai il pullmino da prendere, e a quattordici anni sei ore di sonno non bastano. In questi casi, e non ci son santi, è la famiglia che deve provvedere, se l'alunno da solo non è assistito da bastevole buon senso, e nel caso dei due nottambuli è chiaro che la famiglia non era granché presente.
Secondo, gli album di foto: quei bellissimi e interminabili album di foto dedicati alle gite scolastiche, alle uscite, al gemellaggio, al viaggio agli ex campi di concentramento... e alla tua classe.
Cosa c'è di più bello di un bell'album di ottanta foto dedicato alla tua amata classe e condito di vari "Non vi dimenticherò mai" e "Siamo i + ganzi"? Vabbe', un sacco di cose, comunque si capisce che a loro possano piacere.
Senonché, scorrendo le molte foto, risulta evidente che le suddette erano state fatte in gran parte... in classe. Certo, alcune durante l'intervallo. In teoria nella scuola di Hogsmeade l'uso del cellulare è vietato, durante l'intervallo, ma io sono del parere che non si debba essere troppo fiscali, anche se non li ho mai incoraggiati. Altre sono state fatte durante il cambio dell'ora, perché la cattedra risulta vuota. E stando al regolamento non si dovrebbe usare il cellulare durante il cambio dell'ora, ma infine se lo si fa non mi sembra che si arrechi danno a nessuno.
Però ci sono anche le foto fatte durante le lezioni. Le riconosci dall'insegnante in cattedra, dai primi piani di studenti che seguono più o meno attentamente, dalla presenza dei libri sul banco, dal fatto che tutta la classe è seduta... insomma, le riconosci.
No, io non sono mai inquadrata, e dunque posso illudermi che durante le mie ore nessuno abbia fatto foto con il cellulare (e come no). Buona parte degli altri colleghi però c'è.
Non ho detto niente nemmeno in questo caso, perché ho scorso quegli album in un pomeriggio ai primi di Giugno, quando ormai ero assai prossima a non essere più una loro insegnante; ma non ho potuto fare a meno di pensare che alcuni di questi ragazzi sono davvero un po' troppo fiduciosi nel loro approccio al mondo: quanto a me, al posto loro, se avessi qualche insegnante tra gli amici, terrei una bacheca pulita e scintillante e mi guarderei bene dal far postare qualcosa che lasci supporre che non sono la più diligente degli alunni possibili, e farei anche attenzione a quel che posto in giro; perché, a seconda del grado di sicurezza che scegli, la tua bacheca può essere vista non solo dagli amici, ma anche dagli amici degli amici - e i commenti che lasci in giro e le foto che mandi agli altri "per condividere" possono essere visti praticamente da chiunque, perché compaiono in bacheche che possono essere meno protette della tua o alla quale accedono amici, magari recenti, che non hai considerato.
Buona parte dei ragazzi questo lo sa d'istinto o per riflessione; ma i più sprovveduti sono per l'appunto quelli che scrivono le cose meno accorte o seminano in giro le foto più compromettenti.
Forse sarebbe ora di avvisare questi fanciulli, destinati a convivere con la Grande Rete per tutta la vita, che i rischi di internet non sono solo improbabili maniaci che ti chiedono il numero di cellulare per appostarsi sotto casa tua e violentarti, come sembrerebbe dai video che la polizia postale proietta nelle scuole: la Fuga di Notizie Riservate è un inconveniente molto più comune, e può portare gran copia di rogne.

*le circostanze sono che Sary mi ha fatto il lavaggio del cervello finchè non mi sono arresa a discrezione.

7 commenti:

Wolfghost ha detto...

eheheh dell'argomento "privacy su Internet" avevo già parlato qua: http://www.wolfghost.it/post/23888089/la-privacy-su-internet e ti ricordi chi mi fornì l'assist? :-D Se non te lo ricordi... basta che vai al link e guardi le prime righe di quel post ;-)
Insegnanti su Internet? Perché no? Dipende naturalmente da insegnante a insegnante. Un insegnante che lo faccia con leggerezza secondo me sbaglia, perché inevitabilmente deluderà gli studenti che si rivolgano a lui per avere lezioni e consigli "di vita". Un insegnante che invece cerchi di star vicino ai suoi ragazzi anche nella vita reale e che sia pronta a dedicare ad essi anche molto del suo tempo libero puo' invece dare molto e costituire un pezzo importante nel loro diventare adulti.
Tu certamente fai parte della seconda categoria ;-)

Murasaki ha detto...

Ricordo benissimo il thread, e da allora ho avuto anche modo di pensarci su parecchio ^__^
Quanto al resto, secondo me i consigli di vita è bene evitarli sempre e comunque, non solo a quell'età. Ma se un ragazzo ti chiede un consiglio su qualche lettura da fare, su come impostare una ricerca o anche semplicemente su un suo problema personale, non vedo perché non fare in rete quel che già facciamo nei corridoi della scuola, con in più il vantaggio che su Facebook non c'è il genitore che ti ha fissato l'appuntamento, il comune da chiamare per fissare il pullmino per l'uscita, il collega da sostituire e la lezione da avviare - insomma, è tutto molto più comodo.
Nel mio caso specifico, in rete ci sto parecchio (anche per questioni legate alla scuola). quindi perché no?

'povna ha detto...

Io di solito faccio così: email di scuola (nel senso: su account diverso da quella principale) per tutti. C'è chi la usa moltissimo e chi la dimentica. Tra i primi la Testarda e, prima di scappare, Dorothy Gale.
FB solo dopo che ogni rapporto scolastico è finito, ma con le impostazioni di privacy settate in modo da non vedere niente (n i e n t e). Ma lasciando attivi mail e chat.
Aggiungono in pochi (e io mi riservo il diritto di rifiutare). Anche qui: c'è chi usa molto (Corto Maltese: con lui si ricordano chat di alto profilo sull'universo mondo; Campanellino, Nana, la stessa Dorothy dopo che è scappata), chi per nulla (la Testarda, affezionata del mail).
Su FB abbiamo anche il gruppo del Cineforschool, che è anche l'unico caso in cui la Testarda lo usa per me.
Più o meno funziona.

Murasaki ha detto...

@ 'povna
Tutto funziona, sto scoprendo. E navigando un po' per la rete ho scoperto che ci sono decine di centinaia di migliaia di soluzioni...
Tra l'altro credo ci siano differenze notevoli tra medie e superiori (anche qui!) nel senso che sospetto che alle superiori la questione sia molto più scivolosa: i ragazzi ormai sono QUASI adulti e può capitare che gli insegnanti siano piiuttosto giovani, e questo crea una serie di questioni che, oggettivamente, alle medie non ci sono.

cautelosa ha detto...

Credo anch'io che tu abbia trovato la giusta misura nel rapportarti con i tuoi alunni su Facebook.
Sono stati fortunati i tuoi ragazzi ad incontrare un'insegnante come te.
E sull'ingenuità di molti adolescenti, ci sarebbe davvero da scrivere molto. Nel mio ultimo anno di lavoro, ricevetti 'in dono' dall'alunno moldavo Danieli una foto che il fanciullo mi aveva scattato senza che me ne accorgessi, mentre parlavo con un paio di ragazzi durante la ricreazione, convinto, il giovane, di farmi un gran bel dono...

Murasaki ha detto...

@ Cauty
Il problema delle foto è diventato davvero serio, a scuola, adesso che quasi tutti hanno con sé un cellulare che gli permette di scattare foto con facilità. Quando eravamo ragazzine noi la prima macchina fotografica si riceveva per la Comunione, ma di lì a saperla usare... Oggi sarebbe forse il caso di ricordare che c'è una legislazione sulle foto e i video e la privacy fin dai tempi della scuola materna, in base alla regola che "prevenire è meglio che curare".
I ragazzi, poverini, ci immortalano con tanta fiduciosa serenità...

la povna ha detto...

Mi' che sciocca: e sì che me lo ricordavo, questo tuo post! Va beh, diciamo che gli ho dato una ripassatina!