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giovedì 9 ottobre 2008

Manuale del Perfetto Insegnante - I Genitori (2)


Questa è la mia immagine preferita di drago, e l'ha disegnata il mio amato Tolkien. 

Genitori e insegnanti vengono spesso a trovarsi su due fronti opposti, nonostante le amorevoli delibere ministeriali degli anni 90 che li vorrebbero complici e alleati nel fornire i giovani virgulti di tutti i confort e gli strumenti necessari per un corretto e armonioso sviluppo della loro personalità. Nella maggior parte dei casi, probabilmente, entrambe le parti in causa fanno del loro meglio, ma il rapporto tende a essere viziato da una certa qual differenza di punti di vista.

Per la scuola il Buon Genitore è una sorta di mucca che si lascia perennemente mungere: acquista senza protestare libri e attrezzature, paga biglietti per i più vari tipi di escursioni e gemellaggi, paga il contributo fotocopie, paga il servizio mensa, paga il libro extra di narrativa, i libretti di compiti per l'estate, il libro supplementare di informatica, il contributo per il laboratorio, il supplemento per la piscina, il corso di latino... 
Quando il genitore, che comincia a sospettare di essere stato scambiato per Smaug che dorme sul suo letto di oro e gioielli, prova ad accennare un qualche tipo di protesta, scattano immediatamente i commenti (dietro le spalle dello Smaug di turno):
- mandano in giro i figli firmati da capo a piedi
- con tre cellulari
- anche gli zaini sono firmati
- e ci hanno la playstation 
- e questi ragazzi sono sempre alla macchinetta delle merendine
- hanno il SUV (i genitori, non i ragazzi. Di solito)
- comprano un sacco di sciocchezze (sia i ragazzi che i genitori).

Strano ma vero, in un paese che è in recessione ormai da anni e dove gli stipendi perdono potere d'acquisto nessuno ricorda più da quanto, esiste una classe sociale opulenta e che non bada a spese (tranne che per la scuola, dove sta a contare i centesimi): sono i genitori dei nostri alunni - che hanno tutti il SUV. Tutti. Si vede che glielo consegnano all'atto di iscrizione.

Delle sette Leggende elencate sopra, l'unica con un certo fondamento di verità è che i ragazzi nutrono uno smisurato amore per la macchinetta delle merendine, cui devolvono cifre notevoli - ma visto che la scuola ritiene opportuno tenerla, una macchinetta per le merendine, presumibilmente in cambio di un margine di profitto, sarebbe forse opportuno che imparasse a limitare il suo moralismo in materia. 
Per il resto,  molti di quelli che avrebbero ragione di protestare non lo fanno apertamente ma mandano a protestare il rappresentante di classe o del consiglio di istituto - che spesso è un genitore con un sacco di tempo libero e di soldi, che ha il  SUV e gira firmato da capo a piè (sia lui che la prole) ma che in fine, quando riferisce proteste altrui, fa semplicemente il suo dovere.

Un tempo, si ricordano alcuni, i genitori protestavano molto meno per i soldi. 
E infatti un tempo i genitori ne avevano di più, di soldi, e le scuole ne chiedevano molti meno perché non gli erano necessari... 
Ma questa è un'altra storia: perché giusto in quegli anni dorati il debito pubblico cresceva a tutta velocità (mica ci finanziavano solo gli appalti).

2 commenti:

lanoisette ha detto...

uhm... secondo la mia esperienza, molte delle SETTE LEGGENDE sono vere. ed è anche vero che ci si pensa due volte quando si chiede alle famiglie un contributo o un acquisto extra...

però è segno della deriva della scuola il fatto che si debbano chiedere contributi per fotocopie e carta igientica quando le scuole pubbliche sono GIA' pagate dai genitori in quanto contribuenti delle casse statali...

Voglio anch'io l'8 per mille alla scuola pubblica

Murasaki ha detto...

Può darsi che le Sette Leggende siano vere e può darsi che i singoli bilanci familiari siano un po' più complessi di quel che appare all'esterno - ma infine, come spendono i loro soldi è affar loro. Personalmente, se qualcuno si mettesse a sindacare su come mi gestisco entrate e uscite, e se faccio spese accorte, intelligenti e culturalmente congrue sospetto che mi irriterei parecchio, per cui tendo a non farlo con gli altri - nel senso che mi tengo le mie eventuali considerazioni per me.